Di particolare interesse antropologico sono l'ormai estinto fenomeno del tarantismo, una forma isterica di straordinario impatto scenico, e l'invece rimontante culto per la pizzica, la musica tradizionale e battente che un tempo accompagnava i riti di guarigione delle tarantate, cioè delle donne che si credeva fossero state morse dalla tarantola.
La pizzica era considerata l'unica medicina contro il morso delle tarante.
Nel Salento di molti anni fa la popolazione era per lo più contadina e viveva a stretto contatto con la terra e gli animali, tra cui i ragni, la tarantola. Durante il raccolto capitava di sentirsi improvvisamente male e svenire.
Dopo molti casi non curati dalla medicina tradizionale, si notò che la persona in questione appariva in uno stato di trance continuo e non aveva alcuna reazione ad eccezione di un ballo durante la suonata di alcuni strumenti tra cui, il più importante, il tamburello. Si dice anche che il mito della taranta derivasse dall'antica Grecia ai tempi di Zeus.
La leggenda narra di una giovane ragazza, Arakne, sedotta da un marinaio il quale partì dopo la prima notte d'amore, visse in attesa del ritorno del suo amore. Una mattina vide una barca avvicinarsi alla costa e, Arakne, fece il segnale convenuto con il suo marinaio. La barca rispose: era tornato. Ma a pochi metri dal porto ci fu un attacco verso la barca,questa venne affondata e uccisi i suoi ospiti. Arakne vide morire il suo amore dopo anni di attesa. Così, alla sua morte, Zeus la rimandò in terra per restituire il torto ricevuto, non come ragazza ma come tarantola.
Importanza fondamentale di questo fenomeno è attribuita a San Paolo, il quale compariva ai tarantolati e prevedeva la loro guarigione dopo 1, 2 giorni o settimane, addiritture mesi. Testimonianze vive le si trovano in tutto il Salento.
L'antropologo Ernesto de Martino condusse degli storici studi sul fenomeno, poi confluiti nel classico testo "Viaggio nella terra del rimorso".
La pizzica, oltre ad essere suonata nei momenti di festa di singoli gruppi familiari o di intere comunità locali, costituiva anche il principale accompagnamento del rito etnocoreutico del tarantismo. Essa, quindi, veniva eseguita da orchestrine composte da vari strumenti - tra i quali emergevano il tamburello ed il violino per le loro caratteristiche ritmiche e melodiche - con lo scopo di "esorcizzare" le donne tarantate e guarirle, attraverso il ballo che questa musica frenetica scatenava, dal loro male.
La pizzica, suonata per giorni o addirittura settimane per la cura delle tarantate, aveva spesso caratteristiche proprie, che la differenziavano da quella suonata per il ballo.
La "pizzica tarantata" - resa famosa dalle registrazioni del maestro violinista Luigi Stifani - o come la chiamavano alcuni, la "taranta", era infatti eseguita con un ritmo in genere più accelerato rispetto a quella classica suonata per il ballo, e molto spesso le tonalità più frequentate erano quelle minori, capaci di "scazzicare" (ossia stimolare) più facilmente la tarantata grazie al carattere ridondante e malinconico che le tonalità minori appunto posseggono.
Oggi il tarantismo è completamente scomparso, si assiste però alla riscoperta della musica e delle tradizioni popolari (ed in particolare del genere pizzica, che ha portato ad una nuova definizione di "neo-tarantismo".
Nella pizzica pizzica si balla in coppia, non necessariamente formata da individui dello stesso sesso. A differenza di quanto molti immaginano, la pizzica pizzica tra uomo e donna non era affatto una danza di corteggiamento, o almeno non esclusivamente. Essa infatti si ballava soprattutto in occasioni private e familiari, ed in tali occasioni era molto probabile che a danzare si trovassero parenti anche molto stretti, o individui tra i quali intercorreva una grande differenza d'età.
Così il ballo tra un fratello ed una sorella poteva diventare occasione di divertimento e scherzo, come quello tra un anziano e la sua nipotina poteva diventare un momento di apprendimento da parte della seconda dei ruoli, dei passi e dei codici tipici della danza.
Tra due uomini invece spesso si creava più tensione, o meglio, competizione, ed il ballo diventava allora un momento di sfida in cui ci si confrontava, esibendole, su doti quali agilità, creatività e prestanza fisica.
Un esempio di danza tra due uomini è riscontrabile nella tradizione ostunese, dove è molto facile vedere due uomini ballare insieme ed in cui uno dei due uomini (o a turno), si prende gioco dell'altro riproducendo passi e pose comici o caratteristici della danza femminile.
Pochi e semplici sono i "passi base" tipici di questa danza, in cui più che i passi veri e propri sono le "intenzioni" e le emozioni dei ballerini (e naturalmente la loro capacità di farle emergere) a rendere magico ed affascinante il momento coreutico.
Sui passi base poi - costituiti da un corpus di saltelli, su se stessi o in movimento, su due tempi o terzinati - i ballerini ci ricamano, anche inventandoli estemporaneamente, una gran varietà di passi e movimenti, che fanno oscillare la danza tra fasi di calma, di studio dell'altro o attesa a fasi più frenetiche caratterizzate da forti battiti dei piedi sul suolo (più tipici degli uomini), veloci e vorticosi giri su se stessi (caratteristici delle donne), brevi inseguimenti, allontanamenti e repentini avvicinamenti e incroci tra i due ballerini. Il tutto condito dall'euforia dei suoni e delle grida che si scatenano dalla ronda, ossia quel tipico cerchio, composto da musicisti, aspiranti ballerini o curiosi, che si forma spontaneamente dando vita al momento del ballo.
Caratteristico della pizzica pizzica è il "fazzoletto", accessorio immancabile nell'abbigliamento di un tempo, che veniva usato nel momento del ballo per invitare, sventolandolo, il partner prescelto.
Oggi è molto abusata la credenza che vuole il fazzoletto come "simbolo d'amore", o di vero e proprio "abbandono" nelle mani della donna, che lo concederebbe durante il ballo solamente al giovanotto che sia stato in grado di rapirle il cuore.
Anche se non si può negare in toto che questo semplice accessorio in alcuni casi potesse diventare un vero e proprio simbolo o pegno d'amore che due innamorati si scambiavano durante il ballo, è più probabile che esso venisse utilizzato per animare maggiormente la danza.
Nella danza della pizzica pizzica i ruoli, i sessi e la loro rappresentazione erano e sono molto marcati. Fermo restando che entrambi i ballerini, sia uomini che donne, tengono durante il ballo una postura eretta e composta, i passi che essi eseguono variano e si alternano tra momenti speculari e momenti "complementari".
Alle donne va naturalmente il compito di esprimere al meglio, anche attraverso gli accessori tipici dell'abbigliamento femminile (gonne, foulard, scialli), la propria bellezza e femminilità, con passi molto più composti di quelli degli uomini, anche se non mancano i momenti di euforia con brevi corse e giri su se stesse. Le mani della donna spesso sono ferme a reggere la lunga gonna, ed in ogni caso le sue braccia restano sempre chiuse, o protese leggermente in avanti.
L'uomo invece, naturalmente, ha il dovere di esprimere, durante la danza la propria virilità, la propria forza, la propria atleticità, e questo compito lo svolge con salti più alti e più marcati, con movimenti più secchi e repentini, con le propie braccia tese e aperte come a voler circondare o abbracciare a distanza la donna. In ogni caso, a rendere più o meno movimentato il ballo è la donna, che attraverso piccole fughe, guizzi, repentini stop e ripartenze, stuzzica l'uomo ad inseguirla, a "braccarla" delicatamente, per poi affrontarlo con giochi di piedi e di sguardi.
La "pizzica a scherma", spesso impropriamente chiamata "danza delle spade", è stata spesso altrettanto impropriamente annoverata nella famiglia delle danze armate, cioè di quel particolare tipo di spettacolo danzato nella quale gli sfidanti simulano un combattimento con armi.
Essa non ne fa parte semplicemente perché le danze armate prevedono tuttoggi l'uso di armi, come nelle "danze delle spade" piemontesi, che simulano "duelli" per così dire ufficiali, tra cavalieri, eserciti, fazioni. Le cosiddette danze armato nascono inoltre come spettacolo, come "parata" pubblica.
Nella scherma non c'è niente di tutto ciò: in primo luogo è definitivamente scomparsa l'arma, ossia il coltello o pugnale, con cui in un passato molto recente ci si sfidava (e ci si feriva) realmente.
In secondo luogo non c'è la rievocazione di un combattimento ufficiale, non c'è una guerra o la rievocazione di una battaglia, non c'è il rito per propiziarsi favori dalla natura, dagli dei, dalle autorità.
In terzo luogo viene a mancare la "pubblicità" e la spettacolarità dell'evento, trattandosi nel caso della scherma di questioni private, di regolamento di conti tra mafiosi o delinquenti di basso rango. Nel caso della scherma, come dicevamo, l'arma utilizzata è il coltello, che viene rappresentato dal dito indice e medio della mano ma anche di tutto il palmo brandito "di taglio".
La scherma praticata attualmente si potrebbe definire, grosso modo, come la simulazione di un vero combattimento al coltello tra due contendenti, che parano e infliggono colpi con la loro arma e che si comportano come se questi colpi siano stati davvero inflitti e subiti. Tanto è vero che chi è stato colpito, ossia chi non è stato capace di "parare" il fendente dell'altro, esce dalla "ronda" formata da curiosi e simpatizzanti e lascia il posto ad un altro sfidante.
I colpi, come dicevamo, sono simulati, ed in più non è previsto un vero e proprio tocco tra i contendenti, che eseguono la loro arte rimanendo sempre ad una certa distanza l'uno dall'altro. Molti dei movimenti effettuati e delle mosse praticate sono quelli tipici della scherma classica,con parate, affondi, passetti, finte ecc. ecc., ed il tutto è molto vicino a quello che si conosce come il classico duello praticato da galantuomini per questioni d'onore fino al secolo scorso.
Nel Salento, la scherma è spesso, ma non necessariamente, accompagnata dalla pizzica suonata con un ritmo cadenzato (Ritmo in tre tempi) e con l'utilizzo di un numero più limitato di strumenti (tamburello, armonica a bocca, organetto). Molti dei danzatori/schermitori tradizionali però affermano che la musica non è affatto indispensabile allo svolgersi della loro arte, essendo questa più vicina ad un'arte marziale che ad una vera e propria danza. Si pensa infatti che l'elemento musicale sia subentrato in tempi abbastanza recenti, per mascherare i veri e sanguinosi duelli che si trasformavano, all'arrivo delle forze dell'ordine, in giocose danze tra uomini, con i coltelli che sparivano nelle maniche dei duellanti ed i tamburelli che scandivano il classico ritmo della pizzica pizzica, tipico di quelle zone.
Forse è proprio per questa più o meno casuale commistione di "arti" che in tempi abbastanza recenti è stato coniato ed utilizzato spesso impropriamente il termine "pizzica scherma".
Nel Basso Salento, il luogo in cui è più facile osservare questa tradizione è la Festa di San Rocco a Torrepaduli, frazione di Ruffano (LE), la quale si svolge nei giorni a cavallo del Ferragosto. La festa di San Rocco coincideva tradizionalmente con una delle più importanti fiere contadine della provincia, ed era occasione di pellegrinaggio da parte dei devoti di San Rocco. Sia i pellegrini che i numerosi commercianti (in gran parte zingari) passavano la notte in attesa della apertura della chiesa e dell'inizio della fiera di fronte al Santuario, ingannando il tempo suonando, cantando e, in alcuni casi "pazziando", ossia tirando di scherma. Altre varietà di scherma, molto simili a quella visibile a S. Rocco, sono o sono state presenti in altre zone della Puglia e del Sud Italia (Calabria, Sicilia, Campania).
Con il passare del tempo la pizzica ha trovato una sua autonomia come tipo di danza e genere musicale, oltre a divenire un vero e proprio fenomeno popolare. Se da un lato, quindi, il tarantismo andava estinguendosi per effetto dei mutamenti nei costumi della società, la pizzica è rimasta ben viva nella tradizione del folklore salentino. Tuttavia, per molti anni sia la pizzica che il fenomeno del tarantismo sono stati ritenuti un forma di arretratezza culturale di cui vergognarsi.
Negli anni settanta la musica e le danze della pizzica sono state riscoperte ed apprezzate in tutta la loro bellezza, e oggi hanno contribuito a consolidare un legame culturale con altri fenomeni musicali simili dell'Italia meridionale.
Negli ultimi anni sono state organizzate moltissime rassegne musicali dedicate alla pizzica salentina, tra cui la Notte della taranta che richiama centinaia di migliaia di appassionati e curiosi. È da segnalare la grande popolarità raggiunta dai protagonisti della manifestazione, tra cui Uccio Aloisi. Questo genere musicale è stato ripreso anche da autori internazionali come Stewart Copeland.
Oggi, nel panorama dei gruppi musicali che ripropongono la pizzica, ce ne sono alcuni che la rileggono in chiave attuale e maggiormente fruibile da un pubblico giovanile, contaminata da influssi etnici, ma sempre fedeli allo spirito forte e passionario della tradizione.
Negli ultimi anni quello della pizzica e della revisione formale del tarantismo, ormai svuotato dei suoi connotati antropologici tradizionali, in forme musicali contaminate e moderne ha assunto dimensioni di fenomeno culturale, al punto da farne il più caratteristico e famoso dei segni di riconoscimento del Salento, che esporta ormai, quasi come trademark, questa forma musicale ovunque.
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